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Fibrosi idiopatica polmonare, la chance (finalmente) della terapia farmacologica

A parlarcene , il Prof. Paolo Spagnolo, dell’Unità Operativa Complessa di Pneumologia, Centro per le malattie rara e del polmone, dell’Azienda Ospedaliera di Padova

La Fibrosi Polmonare Idiopatica è la forma più comune di pneumopatia infiltrativa diffusa di origine sconosciuta. La malattia è caratterizzata dalla deposizione di tessuto connettivo o “cicatriziale” nei polmoni: in pratica, il tessuto polmonare sano viene progressivamente sostituito da quello cicatriziale e questo rende difficoltosa la respirazione e, di conseguenza, l’ossigenazione del sangue. A parlarcene, il Prof. Paolo Spagnolo, dell’Unità Operativa Complessa di Pneumologia, Centro per le malattie rare del polmone, dell’Azienda Ospedaliera Università degli Studi di Padova. Dopo la laurea in Medicina e Chirurgia conseguita all’Università degli Studi di Bari, si è specializzato in Malattie dell’Apparato Respiratorio nello stesso Ateneo pugliese. Si è quindi trasferito a Londra, dove ha conseguito un dottorato di ricerca (PhD) al National Heart and Lung Institute dell’Imperial College, con una tesi sulla predisposizione genetica alle fibrosi polmonari. Al tempo stesso, ha lavorato come Clinical Research Fellow e successivamente come Honorary Consultant, al Royal Brompton Hospital. Rientrato in Italia, è stato ricercatore nella Clinica di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Dal dicembre 2015, è Professore Associato di Malattie dell’Apparato Respiratorio all’Università degli Studi di Padova, presso l’Unità Operativa Complessa di Pneumologia diretta dalla Prof.ssa Marina Saetta. È anche Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Università di Padova.

Prof. Spagnolo, cos’è la Fibrosi Polmonare Idiopatica?

La Fibrosi Polmonare Idiopatica (Idiopathic Pulmonary Fibrosis – IPF secondo l’acronimo usato dagli autori anglosassoni) è una malattia fibrosante, ossia cicatriziale, del polmone ad andamento cronico e progressivo, che colpisce adulti, prevalentemente di sesso maschile, di età medio-avanzata. La malattia è caratterizzata a livello radiologico ed anatomo-patologico da un tipo particolare di danno polmonare che viene definito “polmonite interstiziale usuale” (Usual Interstitial Pneumonia – UIP). Se idiopatico, ossia non associato a cause note di fibrosi del polmone, quali l’artrite reumatoide, l’asbestosi o la polmonite da ipersensibilità, il pattern UIP definisce la IPF.

Quando deve essere sospettata?

Si stima che vi siano oltre 100 tipi diversi di fibrosi polmonare; pertanto, la diagnosi corretta è fondamentale. Il primo passo a tal fine è l’identikit del paziente a rischio: si tratta generalmente di soggetti di sesso maschile con più di 65 anni, fumatori od ex-fumatori che lamentano tosse secca e dispnea (fiato corto) inizialmente (ed erroneamente) attribuiti al fumo di sigaretta od all’età. È noto che i pazienti con IPF al momento della diagnosi lamentano tosse secca e dispnea da sforzo da molti mesi e spesso anni. Questi soggetti dovrebbero eseguire una visita specialistica con un’attenta auscultazione del torace, una spirometria ed una radiografia del torace. Inoltre, il 5-10% di pazienti con IPF ha un familiare stretto affetto dalla stessa malattia; pertanto, anche la familiarità è un importante campanello d’allarme.

Come viene diagnosticata?

La radiografia del torace e la spirometria non sono sufficienti a porre la diagnosi. Il passo successivo è quindi l’esecuzione di una TAC del torace ad alta risoluzione, che permette di visualizzare il polmone nei suoi dettagli più fini e consente di fare la diagnosi, mediante l’individuazione del pattern UIP, nel 30-40% dei casi circa. Nella maggioranza dei casi però, la TAC da sola non è diagnostica e può rendersi necessario un ulteriore approfondimento, ossia la conferma istologica della diagnosi mediante il prelievo di tessuto polmonare. A tale scopo, possono essere utilizzate diverse metodiche, da quelle di minore invasività ma spesso dotate di minore resa diagnostica, quali la biopsia transbronchiale, fino alla biopsia polmonare chirurgica che è un intervento chirurgico vero e proprio. Negli ultimi anni, si è andata diffondendo una metodica moderatamente invasiva e dotata di elevato potere diagnostico, chiamata criobiopsia. In ogni caso è fondamentale che il paziente con sospetta IPF venga valutato da un team multidisciplinare di esperti. Questo è possibile solo nei centri altamente specializzati.

Può il medico di Medicina Generale avere un ruolo nel processo diagnostico?

Certamente. Con un’attenta auscultazione del torace. Infatti, nei pazienti con IPF è possibile apprezzare già nelle fasi precoci della malattia dei rumori tipici, ancorché non specifici, i rantoli “a velcro”. Se presenti, i rantoli “a velcro” richiedono l’esecuzione di ulteriori indagini. Inoltre, il medico di Medicina Generale ha la possibilità di inviare i soggetti con sospetta fibrosi polmonare direttamente ai centri di riferimento.

Nei casi dubbi, è sempre necessaria la conferma istologica?

No. In particolare, nei soggetti di sesso maschile con più di 65 anni soprattutto se fumatori od ex-fumatori, la diagnosi di IPF può essere formulata con ragionevole certezza anche in presenza di una TAC del torace “dubbia”, purché siano state escluse tutte le cause note di fibrosi polmonare. Inoltre, i pazienti con IPF sono spesso soggetti anziani, con plurime patologie e che assumono molti farmaci. La sfida del futuro pertanto sarà fare diagnosi in modo non invasivo, ossia utilizzando dei biomarcatori. Si tratta di sostanze presenti nei liquidi biologici (sangue in primis), alcune delle quali potrebbero essere disponibili nella pratica clinica già in un futuro prossimo. Il nostro Centro è molto attivo nella ricerca in questo campo. Potenzialmente, i biomarcatori potrebbero anche permettere di prevedere il decorso della malattia e la risposta del paziente alla terapia.

Qual è il decorso tipico della malattia?

Purtroppo di questa malattia non conosciamo con precisione le cause e di conseguenza non siamo in grado di predirne il decorso. In generale, la maggior parte dei pazienti ha un declino lento ma progressivo; tuttavia, possono verificarsi delle improvvise accelerazioni di malattia, definite riacutizzazioni, spesso molto gravi. Tali eventi non sono prevedibili. L’individuazione dei pazienti a maggior rischio di riacutizzazione è uno dei filoni di ricerca nei quali il nostro Centro è più attivo.

Com’è cambiato l’approccio terapeutico?

Fino a qualche anno fa, le uniche opzioni terapeutiche consistevano nell’ossigeno supplementare e nel trapianto polmonare, quest’ultimo solo in una piccola minoranza di pazienti altamente selezionati. La disponibilità di due farmaci antifibrotici, ossia il pirfenidone ed il nintedanib, ha rivoluzionato l’approccio terapeutico alla IPF. Questi farmaci infatti riducono di circa il 50% la progressione della malattia e, nel complesso, sono ben tollerati dal paziente. La disponibilità di questi due farmaci ha reso ancora più importante la diagnosi (ed il trattamento) precoce e l’invio dei pazienti ai Centri di riferimento. Al momento è anche in fase di sperimentazione la possibilità di combinare i due farmaci. Infatti, poiché il pirfenidone ed il nintedanib agiscono con meccanismi d’azione differenti, la loro associazione potrebbe risultare in un ulteriore rallentamento della progressione della malattia. Questo tipo di approccio terapeutico, ossia la terapia di combinazione, viene comunemente utilizzata in altre pneumopatie croniche, quali l’asma, la broncopneumopatia cronica ostruttiva ed il cancro del polmone.

Quali sono le prospettive future nella IPF?

Fino a qualche anno fa la IPF era considerata una malattia non solo rara, ma anche “orfana”. Successivamente ci si è accorti che la malattia non è rara, in particolare nelle persone con più di 65 anni di età; inoltre, grazie alla scoperta di farmaci efficaci, i pazienti con IPF non sono più orfani. Di conseguenza, l’attenzione della comunità scientifica non solo pneumologica e dell’industria farmaceutica nei confronti della IPF è aumentata esponenzialmente. La IPF viene considerata, a ragione, un classico esempio di malattia inesorabilmente progressiva. Almeno, ad oggi. Tuttavia, è probabile che in un futuro non troppo lontano avremo a disposizione una cura vera e propria per i nostri pazienti.

A Padova il Centro per le malattie rare del polmone

L’Azienda Ospedaliera di Padova è uno dei più importanti centri di assistenza sanitaria italiani per i pazienti con malattie rare. Lo stretto legame con l’Università di Padova garantisce inoltre un’intensa attività di ricerca, sia di base che clinica. Uno dei fiori all’occhiello è il Centro per le malattie rare del polmone, che è parte integrante dell’Unità Operativa Complessa di Pneumologia, diretta dalla Prof.ssa Marina Saetta, nel quale opera una équipe multidisciplinare, essendo quello delle pneumopatie infiltrative diffuse un campo molto vasto e complesso. In particolare, il Centro collabora a stretto contatto con la Chirurgia Toracica, diretta dal Prof. Federico Rea, che è leader in Italia nel trapianto polmonare, con l’Anatomia Patologica (Prof.ssa Fiorella Calabrese) e con radiologi toracici. Il team del Centro per le malattie rare del polmone, è composto, oltre che dal Prof. Paolo Spagnolo, dalla Dott.ssa Elisabetta Balestro, che ha un’esperienza decennale nel campo, dal Dott. Davide Biondini, dal Dott. Federico Fracasso e dalla Dott.ssa Elisabetta Cocconcelli. L’obiettivo principale del Centro è fare una diagnosi precoce e gestire i pazienti in maniera globale; questo si traduce inevitabilmente in un grande vantaggio per l’utente che trova in un’unica struttura le diverse competenze che garantiscono il miglior percorso diagnostico-terapeutico. Il Centro unisce ad un’intensa attività clinica, un altrettanto intensa attività di ricerca che ha portato alla pubblicazione di numerosi articoli scientifici su importanti riviste internazionali. Il Centro infine, prende parte regolarmente a studi clinici che valutano l’efficacia e la sicurezza di nuovi farmaci per il trattamento della fibrosi polmonare idiopatica.

spagnolo e il suo team

Prof. Paolo Spagnolo

Centro per le malattie rare del Polmone – U.O.C. di Pneumologia Azienda Ospedaliera Università di Padova

Via N. Giustiani, 3 – 35128 Padova
Segreteria: 049 8211272
Fax: 049 8213110
paolo.spagnolo@unipd.it

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  1. Buongiorno ho prenotato una visita privata con il dott spagnolo per una valutazione sulla mia asma che nonostante le moltissime medicine che prendo non risulta ancora sotto controllo. Volevo solo accertarmi che fosse lo specialista idoneo, nel caso posso avere un nome alternativo? Grazie

    1. Salve, contatti il medico ai riferimenti che trova nell’articolo, così che possa aiutarla. Le facciamo i nostri migliori auguri.