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Sarcomi dei tessuti molli, una nuova strategia chirurgica cambia le aspettative di vita

Il Dott. Alessandro Gronchi ci illustra in cosa consiste la cura, quali sono le innovazioni e le possibilità di guarigione in questo tipo di tumori

Il Dott. Alessandro Gronchi, Responsabile della Chirurgia dei Sarcomi dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, tra le prime al mondo per volume di pazienti trattati, ha dedicato tutta la sua attività professionale alla cura ed alla ricerca nel campo dei sarcomi dei tessuti molli, delle fibromatosi di tipo desmoide e dei tumori stromali gastrointestinali (GIST). È responsabile di un’équipe medica interamente dedicata a questa patologia; si occupa della formazione di chirurghi italiani ed internazionali per il trattamento di questo tipo di neoplasie; è chairman del “Soft Tissue Sarcoma Committee” dell’Italian Sarcoma Group e del Soft Tissue and Bone Sarcoma Group dell’European Organization for Research and Treatment in Cancer, Presidente della Connective Tissue Oncology Society.

Dott. Gronchi, cosa sono i sarcomi dei tessuti molli? E perché si dicono rari?

Sono tumori solidi maligni che nascono da tessuti diversi da quelli da cui originano i più comuni tumori epiteliali. Sono strutture anatomiche (come il tessuto adiposo o quello muscolare) che hanno una minore necessità di replicarsi e quindi minori probabilità di “fare errori” nella replicazione, per questo sono rari. Hanno origine ubiquitaria, cioè possono nascere ovunque nel corpo, anche se hanno delle sedi preferite: gli arti (in particolare la regione della coscia e del gluteo) ed il retroperitoneo. Questo peculiare spazio anatomico si trova nella regione posteriore dell’addome, tra la cavità addominale e le strutture osteo-muscolari della colonna e contiene i reni ed i grossi vasi.

Come vengono diagnosticati?

Non ci sono esami di screening. Non danno dolore e non danno problematiche particolari, perché spesso crescono lentamente e possono diventare molto voluminosi, non per questo sono più cattivi biologicamente. Il concetto di diagnosi precoce che si applica ai tumori epiteliali, come il tumore del colon o della mammella, non si applica ai sarcomi.  Tutte le volte che una persona ha una tumefazione che supera i 5 cm e tende a crescere nelle parti visibili del corpo, negli arti, sul tronco, meglio fare un accertamento. Nelle forme addominali/retroperitoneali il paziente avverte una massa od una sensazione di gonfiore all’interno dell’addome. Solo occasionalmente sono accompagnati alla comparsa di dolore.

Quali sono i margini di cura?

Globalmente i margini di cura sono del 70%, con ampie differenze nei diversi sottotipi e nei diversi stati di presentazione. Ma questi risultati sono possibili se le cure sono adeguate fin dall’inizio e vengono erogate nei centri che hanno abitudine a confrontarsi quotidianamente con queste forme. Recuperare un inizio scorretto è molto più difficile e può compromettere la probabilità di guarire.

Come intervenite e qual è la peculiarità della vostra strategia chirurgica?

L’intervento chirurgico comporta approcci personalizzati. Seppure rari, sono infatti una famiglia di tumori molto eterogenea. La chirurgia consiste nell’asportazione della lesione allargata ai tessuti circostanti per minimizzare il rischio che si riformi. Negli arti è più semplice perché le strutture che circondano queste lesioni sono muscoli che si possono sacrificare e ricostruire. Nel retroperitoneo è più complesso perché il tumore nasce in prossimità di strutture vitali. Grazie alla collaborazione con l’Istituto Gustave Roussy di Parigi, abbiamo messo a punto una tecnica per affrontare le forme retroperitoneali che consiste nell’asportazione dei tumori in modo più radicale ed allargato per ridurre il rischio di recidiva, sacrificando sistematicamente alcuni organi che li circondano, per aumentare le possibilità di guarire. L’obiettivo non è salvare gli organi del paziente, ma piuttosto sacrificare gli organi per guarire. È stato poi, coordinando un processo di consenso internazionale fra Europa e Stati Uniti, che l’Istituto ha definito nuove linee guida per il trattamento di questa patologia.

Avete un approccio multidisciplinare. In cosa consiste?

È una delle chiavi per individuare la migliore strategia terapeutica possibile nel singolo paziente. Oggi l’integrazione permette non solo ad esempio di ridurre la chirurgia demolitiva degli arti, ma anche di conservarne la funzione per reintegrare al meglio il paziente nelle sue attività quotidiane, nella normalità della sua vita. La multidisciplinarietà per questa patologia e – oserei dire – per l’oncologia dei tumori solidi in generale è essenziale per garantire i massimi standard terapeutici per ogni singolo paziente

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Dott. Alessandro Gronchi

S.S. Chirurgia dei Sarcomi Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori

Segreteria: 02 23903234 Fax: 02 23903763
alessandro.gronchi@istitutotumori.mi.it

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