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Sanità e Benessere Focus n°19

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Fiducia nel Servizio Sanitario e una comunicazione corretta: ecco le armi per affrontare questo virus

di Matteo Bassetti

“Come ogni infettivologo dell’era moderna ero abituato ad avere a disposizione nel mio lavoro farmaci molto efficaci, conoscenze scientifiche approfondite delle infezioni in generale, della loro evoluzione, della diagnostica, tante certezze e qualche dubbio ma, di fronte a COVID-19, mi sono ritrovato con tanti dubbi e poche certezze. Dubbi dovuti al fatto che si tratta di un virus nuovo, senza una letteratura scientifica alle spalle ma solo pubblicazioni dei colleghi cinesi – una fonte scientifica anomala per noi europei – con uno spettro di manifestazioni cliniche molto ampio – da quadri realmente blandi a situazioni respiratorie molto gravi e impegnative – e sul quale, almeno inizialmente, c’è stata molta confusione e molto, forse troppo, interesse mediatico. Quello che sta succedendo oggi in Italia ci dà una fotografia completamente diversa e amplificata rispetto ai dati che ci sono giunti dalla Cina: questo è probabilmente dovuto al fatto che i casi riconosciuti oggi in Italia sono solo la punta dell’iceberg perché, in realtà, ci sono probabilmente moltissimi altri casi tra contagiati asintomatici, poco sintomatici o con sintomatologia lieve. I lavori scientifici di prevalenza effettuati in Sud Corea, infatti, parlano del 30% di persone sotto i 40 anni positivi al virus. Rapportato alla popolazione italiana, significa qualche milione di casi. Ma dunque anche una letalità che potrebbe scendere di molti punti percentuali e questo è probabilmente il dato più vicino alla realtà. Con questo non si vuole banalizzare il virus paragonandolo all’influenza stagionale o alla pandemia da H1N1 che, peraltro, sono patologie gravi e per nulla banali. Ma rassicurare sì. Il problema sanitario più rilevante del COVID-19 è sicuramente rappresentato dalla variabile tempo: i casi di ospedalizzazione di un’intera stagione si stanno concentrando in 3-4 settimane. La peculiarità di questo virus è la contagiosità, che rende la situazione particolarmente difficile dal punto di vista del contenimento e della ricaduta sulla popolazione. Da qui la necessità di ridurre il più possibile i contagi, o meglio mitigarne gli effetti, attraverso le misure varate dal Governo e che tutti conosciamo e che dobbiamo rigorosamente seguire senza eccezioni. Noi medici stiamo imparando giorno dopo giorno a conoscere il virus e a trattarlo, utilizzando i mezzi che abbiamo a disposizione, in primis le terapie farmacologiche: farmaci vecchi come quelli per l’HIV e la malaria, nuovi antivirali sperimentali, farmaci che inibiscono la cascata immunitaria e l’infiammazione e altri ancora. Il tutto combinato con le terapie ventilatorie e rianimatorie di supporto. Questo ci auguriamo che ci consentirà di ridurre le complicanze cliniche e la letalità e affievolire il contagio, fino a interrompere la catena di trasmissione. Ma, anche quando l’onda epidemica scemerà e arriverà l’agognato vaccino, bisognerà comunque imparare a convivere con questo nemico invisibile, cambiando radicalmente le nostre abitudini. In questo contesto, anche la comunicazione gioca un ruolo importante: abbiamo assistito, per la prima volta, a una sovversione dell’ordine normale di ruoli e di diffusione delle informazioni. Io credo, invece, che oggi sia fondamentale una comunicazione rassicurante, basata sui risultati e non aggressiva, per non creare panico e rischiare di far saltare il sistema. Accanto, naturalmente, alla piena fiducia nel Sistema Sanitario Nazionale e nei nostri mezzi”.

* Professore Ordinario di Malattie Infettive dell’Università di Genova
Direttore della Clinica di Malattie Infettive del Policlinico San Martino di Genova
Presidente della SITA Società Italiana di Terapia Antinfettiva Antibatterica – Antivirale – Antifungina

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