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Sanità e Benessere Focus n°42

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Luca Coletto, coordinatore della Commissione salute della Conferenza delle Regioni e Province autonome, al convegno "Lotta all'Aids: conoscere i cambiamenti superare i limiti, conversazione sulla 135/90", promosso dall'associazione 'I-think' presso la Biblioteca Giovanni Spadolini in Senato, Roma, 10 dicembre 2012. ANSA/ MASSIMO PERCOSSI

Università e Professioni Sanitarie:
un percorso da valorizzare

di Luca Coletto *

L’emergenza sanitaria determinata dall’ondata pandemica nel nostro Paese ha fatto emergere in modo forte la carenza di medici: malgrado ciò, ancora in Italia si continua a tenere ferma la scelta di sbarrare l’accesso alla facoltà di Medicina imponendo il numero chiuso.
Sono sempre più convinto che il test d’ingresso alla facoltà di medicina vada eliminato, anche alla luce del fatto che ogni anno il Consiglio di Stato accoglie i ricorsi di vari studenti che contestano l’esito delle prove e denunciano irregolarità, chiedendo l’immatricolazione.
L’Università non è una monade. l contrario, la sua funzione è quella di occuparsi della formazione dei cittadini e, nel caso della facoltà di Medicina, deve permettere di far laureare un numero di giovani che sia adeguato alle esigenze reali della comunità che, in questo momento, ha un bisogno concreto di questi professionisti. Di conseguenza, penso che la via giusta sia di abolire il numero chiuso a Medicina e nelle altre facoltà sanitarie e magari individuare altre forme di selezione in itinere. Una proposta potrebbe essere quella di un biennio unico per Farmacia, Biologia e Medicina, per poi fare una selezione in base al numero di esami sostenuti e del rendimento.
Nell’immediato, si potrebbe intanto lavorare per agevolare il rientro, a partire dal secondo o terzo anno, dei nostri ragazzi che studiano Medicina all’estero.
Penso a Romania, Cecoslovacchia, Albania, che accolgono ogni anno molti giovani italiani che, sicuramente, saranno molto motivati nella scelta di questa professione, visto che decidono, una volta esclusi dall’Università italiana, di andare a studiare in questi Paesi.
Una scelta forzata la loro, che magari non avrebbero fatto e che, comunque, incide in maniera considerevole sul bilancio familiare, con aggravio di spese che non tutti possono permettersi. Ecco perché il numero chiuso oltre che “anacronistico” è anche “antidemocratico”, visto che questa “seconda” scelta all’estero, “non è accessibile a tutti”.
La motivazione addotta sinora dal Ministero è quella della difficile gestione dell’eventuale grande numero di matricole, ma anche in questo caso bisognerebbe valutare in quanti studenti della scuola secondaria di secondo grado si iscriveranno realmente alla Facoltà di Medicina. Ecco perché sarebbe opportuno, nel corso degli ultimi due anni delle scuole superiori, avviare un serio percorso di sostegno alla conoscenza delle professioni e del mondo del lavoro, in modo che ogni studente possa esplorare le proprie attitudini e la propria vocazione, per poter scegliere quale posto occupare nel contesto lavorativo.
Questo passaggio sarebbe utile per tutte le facoltà, in quanto ridurrebbe l’abbandono universitario da una parte e dall’altro potrebbe favorire una programmazione dei piani universitari più rispondente alle richieste e alle attitudini dei giovani, eludendo anche la problematica dei cervelli in fuga. In questo momento caratterizzato da una ripresa post pandemica, il personale medico, comunque, manca. Alcune Regioni, per ovviare al problema, si sono viste costrette ad assumere medici che vengono da altri Paesi. Serve più attenzione a questo tema, perché è fondamentale per dare forza a un sistema universale e sempre più rispondente ai bisogni di cure dei cittadini.
A tal fine, è auspicabile anche che agli specializzandi sia permesso l’accesso in corsia a partire già dal secondo anno per accelerare la loro preparazione.

*Assessore alla Salute e alle Politiche sociali Regione Umbria

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