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Infarto e rivascolarizzazione in urgenza, amiloidosi cardiaca

Nonostante i progressi della Cardiologia, l’infarto è ancora mortale. Accesso precoce in ospedale e trattamento adeguato possono fare la differenza

Cos’è la rivascolarizzazione miocardica?

L’intervento di rivascolarizzazione miocardica promuove la riapertura della coronaria occlusa da un coagulo (trombo) e ripristina la circolazione del sangue nelle arterie del cuore. Può essere effettuato anche nei pazienti con ma-lattia coronarica nota e stabilizzata (ischemia cronica). Lo scopo, è quello di interrompere il dolore toracico, restituire il paziente alla sua vita normale e prolungarne la sopravvivenza. A parlarcene, il Professor Giuseppe Mercuro, Past President della SIC, Coordinatore Scientifico della Scuola Superiore di Cardiologia della stessa e Professore Ordinario del Dipartimento di Scienze Mediche e Sanità Pubblica dell’Università di Cagliari. “In primo luogo, l’inter-vento di rivascolarizzazione deve avvenire entro le prime due ore dall’infarto, evitando così che la prolungata mancanza di ossigeno provochi una lesione miocardica permanente. Non a caso è stato coniato lo slogan “il tempo è mu-scolo e vita”, che rende bene l’idea di come un intervento precoce possa sal-vare la vita e risparmiare molte fibrocellule miocardiche, che altrimenti mori-rebbero. La tecnica ad oggi considerata ideale (golden standard) è l’angiopla-stica coronarica primaria eseguita in laboratorio attrezzato da un cardiologo interventista. Prevede l’accesso alla coronaria mediante l’introduzione, attra-verso un’arteria periferica, di un catetere capace di attraversare il coagulo; il gonfiaggio di un palloncino presente all’apice del catetere e la compressione del trombo e della placca sulle pareti e, infine, il collocamento di una minu-scola protesi a maglie nell’arteria (stent) che, espandendosi, provvede a mantenerla aperta dopo la disostruzione. Oltre alla protesi coronarica tradi-zionale, con la sola funzione “meccanica”, è disponibile anche uno stent che rilascia in coronaria farmaci capaci di prevenire quel processo di crescita cel-lulare sulla parete del vaso che la stessa presenza di un corpo estraneo come lo stent può indurre. Infine, per impedire la possibile formazione di trombi nella coronaria dilatata e “stentata”, è necessario prescrivere al pa-ziente, per un certo periodo di tempo, una terapia con farmaci per la fluidifica-zione del sangue. In mancanza di angioplastica primaria (a causa di un ri-tardo nel ricovero, la distanza da un centro specializzato, l’impossibilità di in-serire il catetere), è possibile ricorrere a farmaci trombolitici per dissolvere il trombo, che si somministrano per via endovenosa, ma che non sono utilizza-bili in tutti i pazienti e che, comunque, possono produrre emorragie.

Quali aspetti devono essere conosciuti per abbreviare i tempi?

È importante conoscere i sintomi più frequenti: dolore al petto, sudorazione fredda, stato di malessere profondo, nausea e vomito. Il dolore è prossimo alla sede del cuore (precordiale) o allo spazio che sta dietro lo sterno (retro-sternale), può irradiarsi ai vasi del collo e alla gola, alla mandibola, al braccio sinistro e allo stomaco. È opportuno ricorrere al 118 in tutti i casi in cui si so-spetti un infarto per iniziare al più presto il monitoraggio del paziente, trattare le complicanze che possono verificarsi nelle prime ore (aritmie fatali come la fibrillazione ventricolare) e somministrare i primi farmaci efficaci sul trombo coronarico.

Amiloidosi Cardiaca

Per quanto l’amiloidosi sia una malattia rara, il cuore ne rappresenta una delle localizzazioni più frequenti. L’amiloidosi cardiaca risulta, ancora oggi, di difficile diagnosi, a causa della varietà e complessità dei quadri di presenta-zione. Ma la recente disponibilità di terapie risolutive hanno stimolato l’inte-resse della comunità scientifica nei confronti della malattia, consentendo la definizione di un condiviso iter diagnostico teso a valorizzare il sospetto cli-nico e, attraverso esami di facile esecuzione, approdare a indagini più com-plesse e conclusive. La cura dell’amilodosi cardiaca può divenire un buon esempio di medicina di precisione, al fine di conoscere la malattia per poterla riconoscere nel singolo paziente e curarla caso per caso come scienza e cli-nica oggi consentono. Importanti sono anche la formazione e l’aggiorna-mento tra medici e specialisti e creare un “osservatorio diffuso” sulla patolo-gia. Altrettanto importante è, a seguito dell’identificazione diagnostica, av-viare il paziente ad un centro clinico di provata esperienza. Infine, esiste la possibilità di sottoporre a un test genetico i membri della famiglia del paziente con amiloidosi per sapere se siano a rischio di malattia e dare la possibilità di un monitoraggio che ne potrebbe identificare le primissime manifestazioni.

L’esercizio come terapia

La Società Italiana di Cardiologia (SIC) è un’Associazione Scientifica Accade-mica che riunisce i cultori della Cardiologia al fine di promuovere il progresso nel campo della conoscenza e cura delle malattie cardiovascolari, favorire i rapporti tra cardiologi, i medici di medicina generale e gli specialisti di altre di-scipline, stabilire relazioni scientifiche con analoghe associazioni italiane, estere e organismi istituzionali. Nell’ambito di una vasta campagna di infor-mazione e supporto dei pazienti nel post-infarto, ha messo a punto un’App gratuita che, partendo dall’assunto che l’esercizio fisico regolare, svolto per la maggior parte dei giorni della settimana, migliora lo stato emotivo e psicolo-gico e riduce la mortalità cardiovascolare, consenta al paziente, riabilitato dopo un intervento di rivascolarizzazione miocardica, di praticare l’attività fi-sica nella quantità necessaria e con la giusta intensità.

MERCURO

Prof. Giuseppe Mercuro

Dip. di Scienze Mediche e Sanità Pubblica

Cittadella Universitaria di Monserrato – Asse Didattico E

SS 554 bivio Sestu – 09042 Monserrato (CA)

Tel. 070 6754955

email: mercuro@unica.it

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