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Rete Reumatologica Territoriale: un modello di assistenza accessibile e sostenibile

LA TERRITORIALIZZAZIONE DELL’ASSISTENZA È UN TEMA CENTRALE NELL’ATTUALE RIORGANIZZAZIONE DELLA SANITÀ: LA REGIONE CAMPANIA È PIONIERA, GRAZIE A UNA RETE REUMATOLOGICA TERRITORIALE CHE PUÒ PRESCRIVERE FARMACI BIOLOGICI BIOSIMILARI

Ce ne parlano due Specialisti Reumatologi Ambulatoriali attivi sul territorio campano: la Dott.ssa Stefania Padula dell’ASL di Caserta e Napoli sud e Delegata Regionale del CReI (Collegio Reumatologi Italiani Territoriali) e il Dott. Gaetano Nutile, che opera nella provincia di Avellino e a Salerno città.

Dottoressa, da dove nasce l’idea di questa Rete e in cosa consiste?

“L’idea della Rete è nata nel dicembre 2020, da quando la Regione Campania ha autorizzato alla prescrizione dei farmaci biotecnologici anche noi Reumatologi territoriali afferenti agli ambulatori dei distretti sanitari diffusi su tutto il territorio Regionale.

La prescrizione di questi farmaci era, infatti, prima consentita soltanto ai colleghi Reumatologi universitari e ospedalieri, da cui i pazienti dovevano a recarsi per la prescrizione, in alcuni casi con non pochi disagi. La scelta è stata determinata da un lato dall’affermarsi della figura del Reumatologo territoriale, dall’altro dalla situazione organizzativa legata al COVID, che ha reso impossibile l’accesso alle strutture ospedaliere per molti pazienti, con le inevitabili conseguenze in termini di ritardo diagnostico e di aumento dei costi diretti e indiretti associati.

Si è sentita quindi l’esigenza di snellire le procedure e oggi in Regione Campania il percorso del paziente reumatologico è diventato più semplice: egli arriva direttamente dallo specialista Reumatologo ambulatoriale presente sul proprio territorio di appartenenza in ognuna delle 7 ASL della Campania, dove può ricevere sia la diagnosi che la terapia più appropriata al singolo caso, e seguire il suo percorso sul territorio.

Ovviamente il supporto delle strutture ospedaliere è comunque necessario per i casi più complessi che richiedono un ricovero o una terapia infusionale, e per questo è in atto una stretta e continua collaborazione territorio- ospedale, nell’ottica di creare una rete di assistenza integrata”.

Quanto conta, per il trattamento tempestivo ed efficace dei pazienti, l’aver consentito la prescrivibilità anche dei farmaci biologici e biosimilari alle strutture territoriali?

“Moltissimo. In questo modo, infatti, possiamo iniziare subito la terapia con i farmaci tradizionali, che restano validi come primo step, ma, grazie a un monitoraggio costante, in caso di intolleranza, effetti collaterali o inefficacia della terapia tradizionale, possiamo passare prontamente ai farmaci biologici e biosimilari senza dover ricorrere al supporto dei colleghi ospedalieri ed evitare ritardi nel trattamento.

I farmaci biosimilari, come ad esempio gli antiTNF-alfa, sono farmaci la cui efficacia e sicurezza è stata ampiamente dimostrata e consolidata nella pratica clinica. Grazie all’utilizzo di questi farmaci i costi per il SSR sono in costante diminuzione, a fronte del progressivo aumento del numero dei pazienti che oggi possono accedere a queste terapie; le risorse liberate possono contribuire anche a finanziare la ricerca scientifica”.

Dott. Nutile, quali sono i vantaggi concreti per i clinici e per i pazienti?

“Grazie alla Rete Reumatologica Territoriale oggi riusciamo a seguire meglio, in modo diretto e continuativo i pazienti, dalla diagnosi, alla prescrizione tempestiva della terapia, al monitoraggio costante per tenere la patologia sotto controllo.

La mole di lavoro è molta, io personalmente copro sei presidi ambulatoriali dislocati sul territorio per evadere tutte le prenotazioni, proprio per garantire che i pazienti
non perdano le visite fissate nei tempi giusti.

A loro volta, anche i pazienti sono contenti di poter avere un presidio sul territorio, vicino a casa, senza doversi recare in ospedale magari a chilometri di distanza, con tempi di attesa molto lunghi, con il rischio che nel frattempo la patologia si aggravi. Oggi il paziente viene trattato precocemente, con il farmaco più adeguato, e a un costo minore.

E questo grazie anche agli statement di indirizzo terapeutico per la prescrizione dei farmaci biotecnologici, a cui abbiamo lavorato anche noi Reumatologi Territoriali insieme ai colleghi universitari e ospedalieri, e che ci consentono di procedere in maniera più sicura e spedita nella stesura dei Piani Terapeutici, cucendo addosso a ogni paziente il farmaco più giusto”.

Nella sua esperienza, la Rete Reumatologica sta funzionando? 

“Assolutamente sì, l’abbiamo voluta con forza nel corso degli anni ed è diventata realtà proprio nel periodo del Covid, quando abbiamo cominciato noi, in telemedicina, a seguire con trattamento biologico i pazienti che non potevano o volevano andare in ospedale. Oggi proseguiamo garantendo una presenza vicina al paziente ed efficiente, senza contare l’aspetto di farmacoeconomia: la diffusione di prodotti biosimilari, infatti, determina un importante risparmio di risorse per il SSR”.

Dottoressa Padula, come vede l’evoluzione della Rete Reumatologica?

“Alcuni passi avanti si stanno già facendo e ci consentono di avere un ruolo sempre più attivo in Regione. Verrà creata una Commissione che dovrà valutare l’appropriatezza prescrittiva dei farmaci biotecnologici e verrà istituito un tavolo tecnico permanente per la stesura dei PTDA e la formulazione di raccomandazioni prescrittive.

Negli ultimi anni, inoltre, si è sviluppata una sempre più stretta collaborazione tra territorio, università e ospedale, con momenti di confronto e aggiornamento. L’auspicio è che a breve si possa ampliare l’offerta territoriale, sfruttando anche i fondi derivanti dal PNRR per attivare altri Centri ambulatoriali
di Reumatologia sul territorio”.

 

FONTE: Salute&Benessere efocus n°35

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