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Glaucoma: diagnosi, trattamenti e prospettive future

DIAGNOSI SEMPRE PIÙ PRECOCI E NUOVI FARMACI SENZA CONSERVANTI CONSENTONO OGGI DA UN LATO DI RALLENTARE O FERMARE LA PROGRESSIONE DELLA MALATTIA, E DALL’ALTRO DI MIGLIORARE QUALITÀ DI VITA E ADERENZA ALLA TERAPIA

Il Dott. Francesco Oddone è Responsabile dell’UO di Ricerca Glaucoma dell’IRCCS Fondazione G.B. Bietti presso l’Ospedale Britannico a Roma, dove si occupa di questa patologia sia dal punto di vista assistenziale – ambulatoriale e chirurgico – che di ricerca. Il Dipartimento svolge inoltre un’importante e innovativa attività di integrazione fra ospedale e territorio, creando dei nuovi percorsi diagnostico-terapeutici che possano favorire la continuità assistenziale dei pazienti.

Dott. Francesco Oddone Resp. UO di Ricerca sul Glaucoma dell’IRCCS Fondazione G.B. Bietti Ospedale Britannico
Dottore, cos’è il Glaucoma, come si inquadra in Italia e come si manifesta?

“È una patologia neurodegenerativa, che colpisce il nervo ottico e che, nel corso del tempo, tende a degenerare fino ad arrivare, nei casi più avanzati, non trattati o diagnosticati tardi, alla cecità. La prevalenza nella popolazione si stima intorno al 2/3%, mentre la prevalenza di cecità intorno ai 7/8 milioni.

Il problema principale del Glaucoma è che resta silente a lungo e quindi spesso le persone non sanno di esserne affette e lo scoprono solo durante una visita oculistica a cui si sottopongono per altri motivi: il difetto non interessa, infatti, inizialmente il centro del campo visivo, cosa che farebbe allarmare subito chiunque, bensì tende a instaurarsi più frequentemente a partire dalle aree periferiche dell’occhio, che il paziente percepisce di meno”.

Quali sono i fattori di rischio ad oggi noti?

“Prima di tutto la pressione intraoculare. In secondo luogo l’età: se è vero, infatti, che esistono forme di Glaucoma giovanile, dell’adulto e dell’anziano, in realtà quelle più frequenti – il Glaucoma primario ad angolo aperto e il Glaucoma primario ad angolo chiuso – colpiscono le fasce di popolazione dopo i 40/50 anni con un’incidenza che aumenta con l’età. Altri fattori di rischio sono legati alle caratteristiche dell’occhio e alla familiarità, anche se non si tratta di una malattia strettamente ereditaria”.

Come si arriva alla diagnosi di Glaucoma?

“Per avere un sospetto è sufficiente una normale visita oculistica, dopo la quale possono essere richiesti degli esami aggiuntivi per confermare la diagnosi e fare una stadiazione del danno: l’esame del campo visivo e l’OCT (Optical Coherence Tomography), una tecnica computerizzata di imaging del nervo ottico”.

Quali terapie ci sono oggi a disposizione per il trattamento del Glaucoma?

“A qualsiasi stadio si scopra la malattia, la terapia è sempre mirata a ridurre la pressione dell’occhio, l’unico fattore di rischio che possiamo ad oggi andare a modificare per rallentare il decorso della  patologia e, nei casi più fortunati, ad arrestarla. Per questo, come in tante altre patologie, una diagnosi precoce è fondamentale. Il trattamento può essere farmacologico, con il laser o chirurgico.

Normalmente gli algoritmi di trattamento proposti anche dalle Linee Guida delle Società Scientifiche indicano di iniziare con un trattamento medico in monoterapia o, in alternativa, con un trattamento laser SLT (Selective Laser Trabeculoplasty) a scelta del medico che, insieme al paziente, opta per la terapia ottimale”.

Cosa succede se il trattamento non funziona sul controllo della progressione?

“Se la patologia progredisce, la pressione intraoculare non viene controllata dalla monoterapia e la funzione visiva del paziente tende a peggiorare comunque, si passa prima a delle terapie associative, e quindi alla chirurgia, area in cui si stanno sviluppando molte tecniche innovative mini invasive”.

Quanto conta l’aderenza alla terapia?

“Moltissimo. Come per tutte le malattie croniche, anche dal Glaucoma non si guarisce ed è necessario seguire per tutta la vita, quotidianamente, una terapia farmacologica, che tuttavia pone dei problemi in termini di effetti collaterali. Molti colliri contengono infatti conservanti che sono irritanti per l’occhio: l’utilizzo quotidiano risulta nel lungo periodo difficile e fastidioso, con conseguenze negative  sull’aderenza alla terapia.

Oggi fortunatamente sono arrivate sul mercato delle nuove formulazioni senza conservanti, che sicuramente migliorano lo stato di salute della superficie dell’occhio, la qualità di vita del paziente e quindi il suo benessere generale”.

NUOVE TERAPIE SENZA CONSERVANTI 

È stato dimostrato che l’esposizione a lungo termine a colliri contenenti  conservanti ha effetti negativi sul trattamento del glaucoma. Il conservante utilizzato in cronico dal paziente glaucomatoso puo’ determinare un’infiammazione persistente della superficie oculare, acuire o esacerbare i sintomi dell’occhio secco, e
pertanto portare ad una riduzione della qualità di vita del paziente o a rendere difficoltosa l’aderenza alla terapia.
L’Agenzia Europea del Farmaco e le linee guida internazionali per la gestione ed il trattamento del glaucoma raccomandano l’utilizzo di terapie prive di conservante in pazienti con patologia cronica.

È oggi in commercio un’intera gamma di  prodotti senza conservante che permette il trattamento ed il controllo del danno da glaucoma a qualunque stadio di severità della patologia. Sempre più pazienti traggono beneficio da questi prodotti, manifestando minori eventi avversi.

 

FONTE. Sanità&Benessere efocus n°32

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