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Il prezioso contributo della tecnologia nella Diabetologia Pediatrica

L’implementazione, nei centri pediatrici, di soluzioni hi-tech per il monitoraggio glicemico e l’erogazione di insulina permettono un buon compenso metabolico e una migliore qualità di vita.

 

A parlarcene la Prof.ssa Ivana Rabbone, docente di Pediatria presso la Scuola di Medicina dell’Università del Piemonte Orientale, da marzo 2020 Direttore della Pediatria dell’Ospedale Maggiore di Novara – Centro Hub di Riferimento per il quadrante Nord-Orientale piemontese per il Diabete infantile – e Coordinatore della Rete Diabetologica pediatrica regionale.

Professoressa, quali sono i tipi di Diabete più diffusi in età pediatrica?

“Nel 95% dei casi si tratta di Diabete di tipo 1, ossia quello legato a un meccanismo autoimmune di distruzione delle cellule beta che producono insulina e che non possono essere ricostruite, e che dunque necessita di una terapia insulinica come trattamento. Recentemente, tuttavia, abbiamo assistito a un incremento (1% circa) del Diabete di tipo 2 anche nei bambini, soprattutto in età adolescenziale. C’è, infine, una terza fetta di pazienti, di cui si parla poco, che hanno un Diabete di tipo monogenico, caratterizzato da una mutazione genetica. Fa parte di questa tipologia il Diabete neonatale, una forma rara geneticamente determinata, in cui l’alterazione di un gene rende le cellule del pancreas incapaci di secernere insulina, ma non di produrla. Il Diabete monogenico necessita di un trattamento con insulina o, nel caso del Diabete neonatale, di un trattamento con sulfaniluree, un farmaco che va a sbloccare la cellula beta che produce insulina. Ad oggi a Novara, grazie anche alla collaborazione con la Genetista del Dipartimento, abbiamo implementato le diagnosi genetiche per questo tipo di Diabete, diventando un collettore per i pazienti di tutta la Regione”.

Come vengono utilizzate le nuove tecnologie nella cura dei pazienti diabetici di tipo 1?

“Innanzitutto per l’automonitoraggio della glicemia. Oggi abbiamo a disposizione dei device, altamente tecnologici ma al tempo stesso molto semplici da utilizzare, che consentono di misurare il livello del glucosio nel corso della giornata in modo veloce, non invasivo e molto pratico. Si tratta di piccoli sensori che si applicano facilmente sulla parte posteriore del braccio – possono farlo tranquillamente i genitori – e che misurano in continuo l’andamento della glicemia. In secondo luogo la tecnologia ci viene in aiuto anche nella somministrazione dell’insulina: oggi, infatti, grazie a diversi modelli di microinfusore – con cateterino o il tipo patch senza fili, che solitamente è più gradito dagli adolescenti perché molto discreto e più pratico – che possono anche essere collegati ad alcuni sensori attraverso un algoritmo, è possibile erogare l’insulina con molta precisione e regolare sia l’ipoglicemia sia l’iperglicemia”.

Quali benefici apportano ai pazienti queste soluzioni hi tech?

“Se queste tecnologie sono molto sfruttate dai giovani adulti che le gestiscono in autonomia e con la massima facilità tramite app e smartphone, nei bambini in età pediatrica diventano una vera e propria esigenza metabolica indispensabile. I piccoli pazienti, infatti, sono gestiti ancora da un care giver – in primis il genitore – che ha bisogno di un monitoraggio del glucosio interstiziale in continuo e molto preciso. Questi sensori hi-tech gli consentono di rilevare l’andamento della glicemia su un device esterno via bluetooth, ad esempio il cellulare o il lettore apposito, in modo veloce, semplice e frequente. Con notevoli benefici sia da un punto di vista clinico – il medico ha a disposizione molte più informazioni che può utilizzare per ottimizzare al meglio la terapia – sia di qualità di vita dei pazienti. Basti solo pensare al non dover effettuare la puntura del polpastrello più volte al giorno, un metodo scomodo, doloroso e frustrante per i pazienti, che spesso finiscono col non misurarsi la glicemia con la frequenza necessaria. Questo moderno tipo di monitoraggio ha dimostrato, invece, di ridurre il rischio di ipoglicemie e di aumentare il tempo che questi pazienti passano con un buon controllo metabolico durante la loro giornata (time in range). Avendo diversi device a disposizione, possiamo “sartorializzare” la terapia in maniera molto precisa, garantendo a ciascun paziente un buon compenso metabolico e una buona qualità di vita”.

Sono tecnologie semplici da usare da parte dei genitori dei piccoli pazienti?

“Sì, ma serve un grande lavoro di educazione terapeutica nei confronti delle famiglie, della scuola, dei care giver per renderli autonomi e in grado di gestire una terapia così complessa ma necessaria per mantenere un buon compenso metabolico ed evitare l’ipoglicemia, che tanto spaventa i genitori. Alcuni tipi di sensori hanno addirittura un allarme e, laddove il sensore è collegato al microinfusore, l’algoritmo è in grado di prevedere la discesa della glicemia e sospendere l’erogazione dell’insulina in modo preventivo”.

Si può prevenire il Diabete di tipo 1?

“No, la patologia non si può prevenire, quello che si può prevenire è l’esordio grave, facendo arrivare il bambino alle cure prima che si presentino delle manifestazioni acute della malattia. Questo aspetto è emerso in tutta la sua gravità durante la prima fase della pandemia, quando molti pazienti, per paura, arrivavano in ospedale in condizioni già molto gravi, spesso in coma. Purtroppo nel Diabete di tipo 1 il ritardo diagnostico si traduce in un rischio di vita. Per questo è fondamentale riconoscere precocemente i segni dell’esordio della malattia: il bere e l’urinare tanto, anche svegliandosi più volte di notte, e l’astenia. Questa emergenza sanitaria ci ha confermato anche come la telemedicina, supportata dall’innovazione tecnologica, possa essere un valido aiuto per le persone con Diabete, nel curarsi anche a distanza e in sicurezza”.

Quali potrebbero essere i prossimi passi nel trattamento del Diabete di tipo 1?

“L’unica forma di guarigione oggi è il trapianto di pancreas, con tutte le conseguenze che esso comporta e non praticabile su pazienti di età pediatrica. Il futuro potrebbe essere lo sviluppo delle cellule staminali, costruendo dei pancreas sostituitivi di tipo biologico che producano insulina alternativamente a quello naturale. Questa però è ancora ricerca, ad oggi si punta tutto sulla tecnologia, che rende questi piccoli pazienti assolutamente abili a fare qualsiasi cosa”.

Contatti

Prof.ssa Ivana Rabbone

Direttore SCDU Pediatria

Ospedale Maggiore della Carità

Corso Mazzini, 18 – 28100 Novara

Tel. 0321 3733350

Mail: ivana.rabbone@uniupo.it

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