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Ipercolesterolemia Familiare Omozigote: dalla terapia standard ai nuovi approcci

Grazie alla ricerca farmacologica e alla diagnosi precoce, oggi è possibile trattare questa patologia rara evitando, almeno negli adulti, gli invasivi trattamenti aferetici e garantendo una qualità di vita soddisfacente.

Il Prof. Maurizio Averna è Ordinario di Medicina Interna dell’Università di Palermo, Direttore del Reparto di Medicina d’Urgenza e Astanteria del Policlinico della città e Direttore del Centro di Riferimento Regionale per le Malattie Rare del Metabolismo, unico Centro per l’adulto in tutta la Sicilia che, da più di trent’anni, si occupa di Malattie Rare sia del Metabolismo lipidico che del metabolismo in genere, attraverso una serie di ambulatori e il supporto di un grande laboratorio per la diagnosi genetica delle patologie.

Professore, cosa sono le Malattie Rare del Metabolismo?

“Si tratta di Malattie Genetiche legate a mutazioni geniche che alterano alcuni processi messi in atto dall’organismo per trasformare le proteine, i grassi e gli zuccheri in composti utili per ricavare energia, andando ad “inceppare” il funzionamento metabolico nell’organismo del paziente. Essendo genetiche, si manifestano fin dalla nascita. Le Malattie Rare sono un numero molto grande (oltre 7/8mila) di patologie eterogenee: per questo, pur essendo rare, il numero di pazienti che ne soffre è consistente. In Italia si parla di più di un milione di soggetti”.

L’Ipercolesterolemia Familiare Omozigote è una di queste: di cosa si tratta?

“Per capire questa patologia dobbiamo partire dalla forma comune di ipercolesterolemia, che interessa una fetta importante di popolazione con un livello di colesterolo totale nel sangue sopra i 200 mg/dl e di colesterolo LDL o “cattivo” sopra i 115 mg/dl. Come è risaputo, il colesterolo aumentato è uno dei fattori più importanti che causa aterosclerosi, ossia un accumulo di grassi nelle arterie che, ostruendo le coronarie, provoca molteplici malattie cardiovascolari, che oggi rappresentano la prima causa di morte in tutti i Paesi occidentali. Per questo è necessario tenere il colesterolo sotto controllo, con misure legate alle abitudini di vita e di alimentazione e, quando subentrano altri fattori di rischio come il fumo o sono già presenti malattie cardiovascolari, anche con i farmaci. In alcuni soggetti, tuttavia – in Italia 1 ogni 400mila abitanti, per un totale di 120/150 persone – insorge una mutazione di alcuni geni che controllano il metabolismo del colesterolo: se un bambino eredita questa mutazione in doppia dose, ossia una dal padre e una dalla madre, si realizza una condizione di omozigosi; la frequenza in Italia di questa forma rara è di 1 ogni 400mila abitanti, per un totale di 120/150 persone. I valori in questi soggetti sono tra i 600 e 1000 mg/dl di colesterolo totale e sopra i 500 mg/dl di quello cattivo. Nell’infanzia il colesterolo così alto tende a formare degli accumuli visibili sotto la cute – i cosiddetti xantomi – e, in modo molto accelerato, anche nelle coronarie, per cui questi bambini, se non trattati, rischiano l’infarto precoce. Il nostro obiettivo è quello di identificare subito questi pazienti e predisporli a un trattamento”.

Come si tratta la malattia?

“Fino a qualche anno fa l’unico trattamento possibile per un omozigote era la rimozione meccanica delle particelle che contengono un LDL superiore a 500 mg/dl attraverso un procedimento chiamato aferesi lipoproteica. Questo processo, tuttavia, comportava un’alterazione importante della qualità di vita, perché i pazienti dovevano sottoporsi almeno settimanalmente alla seduta nei Centri di Riferimento che, però, non sono disponibili in tutte le aree geografiche, soprattutto quando si parla di bambini molto piccoli. L’unica terapia farmacologica conosciuta per abbassare il colesterolo – le statine – in questo tipo di pazienti non era efficace. Per fortuna, negli anni, la ricerca farmacologica è riuscita a cambiare la storia di questa malattia. Circa 11 anni fa, infatti, è stato sviluppato, da quattro Centri italiani, tra cui il nostro, e tre internazionali, un farmaco specifico per questa patologia: Lomitapide, che oggi in Italia è disponibile e rimborsato e che consente a questi pazienti, dai 18 anni in su, di avere un livello di colesterolo LDL intorno ai 50/100 mg/dl e di non dover ricorrere ad aferesi. Si stanno, inoltre, studiando altri farmaci innovativi come gli inibitori di PCSK9, degli anticorpi monoclonali che sono in grado di ridurre anche nell’omozigote i livelli di colesterolo del 20-30%; o ancora dei farmaci che agiscono a livello genetico e che, seppur non ancora approvati, si sono dimostrati molto interessanti”.

Che messaggio le piacerebbe trasmettere ai nostri lettori?

“A tutta la popolazione adulta di controllare il colesterolo e, in caso di livelli molto alti, di rivolgersi agli specialisti per capire se si tratta di una forma genetica. Ai futuri genitori con colesterolo geneticamente alto di pensare alla possibilità che il figlio possa nascere omozigote. E, infine, ai pediatri di controllare almeno una volta nei primi cinque anni di vita dei bambini il livello di colesterolo, perché, grazie a questo semplice esame, si possono identificare subito non solo gli omozigoti ma anche gli eterozigoti, ossia quei soggetti che hanno valori di colesterolo intorno ai 300 mg/dl e che meritano anch’essi il trattamento con le statine, indicato dall’età di 8/10 anni”.

 

Contatti

Prof. Maurizio Averna

Direttore UOC di Astanteria / Medicina d’urgenza AOU Policlinico “Paolo Giaccone” Università di Palermo

Via del Vespro 129 – 90127 Palermo

Tel. 091 6554338/6554331

Mail: maurizio.averna@unipa.it

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