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Sanità in Lombardia e fondi Pnrr, il direttore di Asst Garda, Alparone “Occassione irripetibile”

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione sulla sanità territoriale di Mario Alparone, direttore generale dell’Asst Garda. Un tema importante per rafforzare il Servizio sanitario lombardo, le cui debolezze sono emerse con forza durante la pandemia

In questo periodo, come dirigenti del mondo della sanità siamo molto impegnati nella messa a terra delle implicazioni derivanti dai rafforzamenti della sanità territoriale previsti dagli stanziamenti del Pnrr e meglio approfonditi in termini di funzioni, servizi, standard di dotazioni organiche dal recente DM 71.

In Regione Lombardia stiamo realizzando poi le prime strutture di Case della Comunità ed Ospedali della Comunità sui nostri territori per rispondere in maniera pronta e si spera efficace a questa sfida. Abbiamo di fronte una occasione unica e straordinaria sia in termini di dimensione nazionale sia per la rilevanza dei finanziamenti che configurano un «allineamento dei pianeti» che difficilmente si può ripresentare in circostanze così favorevoli.

Sta a noi soggetti attuatori, quindi, riuscire con determinazione e visione a realizzare quanto previsto per rafforzare la dimensione territoriale delle cure e quindi consentire un utilizzo maggiormente appropriato di quelle ospedaliere che devono essere dedicate ai fenomeni acuti.

Per farlo sicuramente è importante disporre di luoghi di cura sul territorio pensati per la gestione di pazienti fragili e cronici, ma con una consapevolezza di quello che ci ha insegnato il primo periodo di sperimentazione della nostra legge regionale.

Il gioco di squadra

Ovvero non si può erogare sanità e dare una risposta alle cure ed ai bisogni territoriali se non con un gioco di squadra che coinvolga più attori che appartengono a realtà e meccanismi di governance differenti. Per dare una vera risposta bisogna infatti passare da una logica di tipo prestazionale (ho bisogno di una visita o di un esame) ad una risposta di prevenzione e controllo che comporta la definizione di insiemi di prestazioni erogati da professionisti diversi in momenti diversi, i cosiddetti percorsi di presa in carico.

Si tratta quindi di capire il bisogno (cosa non del tutto scontata) e di indirizzare il cittadino con una risposta organica e programmata a carattere sanitario, ma anche sociosanitario o sociale, che necessariamente comporta il coinvolgimento di professionisti di diversa provenienza.

Quali sono le esigenze di un paziente cronico, quali quelle di un fragile anziano in uscita dall’ospedale? Ha bisogno di cure sanitarie ma anche di assistenza domiciliare? Ci sono poi problemi di natura sociale da affrontare?

Dare risposta a questi interrogativi vuol dire essere pronti con percorsi che integrino in maniera chiara e programmabile cure sanitarie, sociosanitarie, sociali con meccanismi di collaborazione tra il medico e l’infermiere di famiglia, nuova figura strategica in questo momento storico, specialisti ospedalieri, assistenti sociali anche dei comuni.

«Perseverare è diabolico»

Dare risposta efficace e continuativa a questo tipo di bisogni previene o ritarda l’accesso in ospedale e consente di razionalizzare gli sforzi. Una volta definiti percorsi e stratificati i pazienti sapremo quanti professionisti saranno necessari per il tipo di domanda.

Altro strumento utile poi è quello di andare a definire quali siano gli outcome clinici (i risultati attesi) che vogliamo che siano raggiunti e misurati per capire se la nostra organizzazione territoriale sta funzionando e se i percorsi sono efficaci. Non possiamo infatti migliorare ciò che non viene misurato perché senza la misura non conosciamo né il punto di partenza né quello di arrivo e tantomeno quanto siano distanti.

Ed infine, riuscire a basare i modelli di remunerazione di chi ha la regia di questi percorsi, in primis i medici di medicina generale, su questi outcome clinici, legando parte della remunerazione alla performance clinica per garantire un ingaggio completo. È dimostrabile che questo nuovo modo di lavorare porti addirittura ad un miglior utilizzo delle risorse del sistema sanitario nazionale che possono in parte, in maniera meritoria e meritocratica, essere redistribuite sugli attori performanti superando logiche di remunerazione capitarie inadeguate rispetto al raggiungimento di obiettivi di vera presa in carico. I modelli su questo fronte esistono. Altra cosa è la volontà. Sbagliare è umano ma perseverare dicono sia diabolico.

Mario Alparone, Direttore Generale Asst Garda

FONTE: MILANO.CORRIERE.IT

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