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Chirurgia Vascolare: dalla Fase 1 alla ripresa in sicurezza

La ripresa dell’attività chirurgica e ambulatoriale in piena sicurezza nei Centri specializzati garantisce ai pazienti un’assistenza completa, sia per i trattamenti sia per le urgenze.

Il Prof. Filippo Benedetto è Professore Associato di Chirurgia Vascolare all’Università di Messina e Direttore dell’UOC di Chirurgia Vascolare del Policlinico Universitario “G. Martino” di Messina, Centro di Riferimento Regionale e Nazionale per le patologie vascolari, con circa 1300 interventi all’anno, di cui 1100 di Chirurgia arteriosa. L’UO è inoltre sede aggregata della Scuola di Specializzazione di Chirurgia Vascolare di Catania. 

Professore, qual è stata l’attività della Chirurgia Vascolare durante la Fase 1?

“L’impatto della pandemia al Sud è stato sicuramente minore rispetto alle Regioni del Nord e abbiamo avuto il tempo di prepararci. Durante la Fase 1 la nostra attività chirurgica si è ridotta di di oltre il 70%, il reparto è stato chiuso e spostato in un altro padiglione e i posti letto da 20 sono diventati 8/10. Come tutte le altre realtà nazionali, abbiamo portato avanti solo gli interventi chirurgici in urgenza emergenza, affrontando tutte le patologie più importanti quali quelle aortiche, i casi di aneurismi aortici sintomatici o in fase di rottura, le ischemie critiche aggravate da presenza di cancrena e le patologie cerebrali come le stenosi carotidee sintomatiche”.

A livello ambulatoriale invece?

“L’attività ambulatoriale è stata completamente azzerata: da marzo a maggio non sono state effettuate ben 800 visite. Dal mese di giugno siamo rientrati nel nostro reparto e piano piano ci siamo trovati ad affrontare un’altra difficoltà, quella della diffidenza dei pazienti al ricovero per il timore del contagio, complice anche una comunicazione spesso troppo terroristica”.

Come ha impattato questo stop sui pazienti?

“In questo momento ci troviamo in una fase di “pandemia al contrario”: tanti casi che non abbiamo gestito nei mesi di lockdown oggi si ritrovano in una situazione più complessa – mi riferisco soprattutto alle ischemie critiche degli arti inferiori: i pazienti sono andati incontro a una evoluzione clinica della malattia e chi prima veniva trattato con una rivascolarizzazione o per via endovascolare o per via chirurgica e quindi poteva avere una ripresa dell’arto, oggi si trova con trombosi di microcircolo a livello del piede che non permettono la completa ripresa della funzionalità. Lo stesso vale per la patologia aortica: pazienti in lista d’attesa con piccoli aneurismi sono evoluti e quindi la strategia chirurgica, che avevamo pianificato, in alcuni casi si è dovuta moficiare”.

Quale messaggio vorrebbe passare ai pazienti?

“Che oggi andare in Ospedale è sicuro, siamo preparati e ci sono percorsi ben definiti. Quello che dovrebbe oggi chiedersi il paziente è, invece, a quali danni peggiori e irreparabili potrebbe andare incontro non recandosi in Ospedale”.

Qual è la situazione ad oggi?

“Abbiamo ripreso l’attività chirurgica a pieno ritmo operando con turni molto serrati, così da dare tranquillità ai pazienti e delle risposte al territorio.

Stiamo inoltre riprendendo a pieno ritmo l’attività ambulatoriale: già in lockdown avevamo ricontattato personalmente tuti i pazienti per capire l’evoluzione della patologia e, in caso di peggioramento, abbiamo effettuato il ricovero urgente. Ora siamo ripartiti con un’attività costante e regolare, per cercare di tornare gradualmente alla normalità”.

Cosa ci ha insegnato questa pandemia?

“Che bisogna aumentare l’attività sanitaria sul territorio cercando di non sistematizzare tutta la patologia in ambito ospedaliero, ma, per quanto possibile, curando alcune patologie o il follow up al domicilio”.

Quali sintomi non vanno trascurati come campanello d’allarme per il pronto soccorso?

“Per quanto riguarda l’aneurisma, è una patologia subdola e molte volte si ha un riscontro occasionale in corso di altre visite. È chiaro che quando si superano determinate dimensioni, qualche sintomo lo si ha, soprattutto nella fase espansiva: dolore alla schiena o irradiato alla radice delle cosce o, ancora, la sensazione di sentire il cuore pulsare all’altezza dell’ombelico.

Per quanto concerne, invece, la malattia periferica, l’ischemia all’arto inferiore è quella che maggiormente dà sintomi: si passa dalla claudicatio iniziale al rossore o al pallore del piede nei casi più acuti fino al dolore anche a riposo. Sono tutti spie d’allarme che evidenziano una patologia ischemica in evoluzione, che, se non riconosciuta e trattata per tempo e in Centri Specializzati, può portare nel 15/20% dei casi all’amputazione”.

Contatti

Prof. Filippo Benedetto

Direttore UOC Chirurgia Vascolare Policlinico

Universitario “G. Martino”

Via Via Consolare Valeria, 1 – 98147 Messina

Mail: fbenedetto@unime.it

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