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Sconfiggere il diabete attraverso il trapianto di isole pancreatiche

Il Prof. Massimo Venturini, Responsabile dell’Unità di Radiologia Vascolare ed Interventistica dell’Ospedale San Raffaele di Milano, ci parla di questa metodologia d’intervento

Il trapianto di isole pancreatiche in pazienti affetti da diabete di tipo 1, è una metodologia usata da pochissimi centri in Italia, tra questi spicca l’Ospedale San Raffaele di Milano, che ha fatto di questo intervento, una delle sue peculiarità. A parlarcene il Prof. Massimo Venturini, Responsabile dell’Unità di Radiologia Vascolare ed Interventistica della Radiologia diretta dal Prof. Del Maschio, Rettore dell’Università Vita-Salute San Raffaele. Dopo la laurea in Medicina e Chirurgia, conseguita all’Università degli Studi di Milano con il massimo dei voti, si è specializzato in Radiologia Diagnostica nella stessa Università. Dal 2006 è Professore a contratto di Radiologia Vascolare ed Interventistica all’Università Vita-Salute dell’Istituto Scientifico Ospedale San Raffaele e dal 2011 è Responsabile di Ecografia per studi preclinici del Centro di Imaging Sperimentale dello stesso Istituto milanese. È consigliere SIRM (Società Italiana di Radiologia Medica) per la regione Lombardia e membro del Comitato della ricerca nell’ambito del CIRSE (Cardiovascular and Interventional Radiological Society of Europe).

Prof. Venturini in cosa consiste il trapianto di isole pancreatiche?

Si tratta di un trapianto riservato ai pazienti affetti da diabete di tipo 1, una patologia su base autoimmune, che colpisce in giovane età. La patologia è spesso scompensata, ovvero i valori della glicemia sono per lunghi periodi fuori controllo, con picchi di iperglicemia od ipoglicemia ricorrenti, che con una semplice terapia medica, non permettono al malato di poter condurre una buona qualità di vita. Una possibilità terapeutica viene offerta da questo tipo di trapianto, percutaneo, ossia eseguito attraverso la cute, ed intraportale, cioè passando attraverso la vena porta del fegato. In pratica vengono prelevate dal pancreas di un donatore cadavere, le cellule beta deputate alla produzione di insulina e vengono trapiantate nel paziente dopo una procedura di separazione e di purificazione che avviene in laboratorio. Una volta pronte, vengono impiantate mediante un’iniezione, nella vena porta, nel fegato. Qui attecchiscono ed incominciano a produrre insulina. Per evitare il rigetto, il paziente inizia ad essere trattato con una terapia immunosoppressiva. Attraverso questo intervento, che è ripetibile, si può raggiungere l’insulino-indipendenza, ciò significa che il paziente non avrà più bisogno di assumere insulina, oppure si riesce a ridurre significativamente il carico di insulina esogena che viene somministrata al malato, apportando un beneficio non indifferente alla sua qualità di vita. Questo trapianto, che al San Raffaele si effettua ormai dagli inizi degli anni ’90, viene eseguito mediante un’iniezione, con un approccio intercostale a livello del fegato. Sotto guida ecografica, con un ago raggiungiamo la vena principale del fegato, denominata vena porta. Una volta al suo interno, dalla guida ecografica passiamo a quella fluoroscopica con un catetere sottile iniettiamo le isole pancreatiche.

Quali sono le novità nell’ambito di questo intervento?

Di nuovo oggi c’è la possibilità di eseguire non solo l’allotrapianto di isole pancreatiche, cioè prelevate da un donatore cadavere, ma anche l’autotrapianto, ossia le cellule vengono prelevate dello stesso paziente.

Questo è possibile nei pazienti con tumore del pancreas, sia nelle forme benigne che in quelle maligne, o con pancreatite cronica, che vengono sottoposti ad interventi che comportano l’asportazione parziale o talvolta totale del pancreas, comportando la perdita parziale o totale delle funzioni espletate dall’organo stesso, di cui la più importante è la regolazione del metabolismo degli zuccheri, dipendente dalla produzione di ormoni pancreatici come l’insulina e il glucagone.

Il diabete che può conseguire alla chirurgia del pancreas è un tipo particolare classificato come diabete pancreatogenico, che può risultare di difficile controllo, soprattutto quando si subisce una pancreasectomia totale. Modificando la procedura che normalmente viene utilizzata per il trapianto di isole pancreatiche nel paziente diabetico di tipo 1, si prelevano dai pazienti idonei, sottoposti ad intervento chirurgico, le cellule della parte di pancreas non coinvolto dal tumore, quindi sana, iniettandole il giorno dopo l’intervento nel fegato del paziente stesso. L’autotrapianto di isole pancreatiche è una procedura molto complessa, che in Italia si fa solo al San Raffaele, ed in pochi centri ad esso collegati, e serve a prevenire l’insorgenza del diabete post-chirurgico.

Prof. Massimo Venturini

Unità Operativa di Radiologia Ospedale San Raffaele Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico

Via Olgettina, 60 – 20132 Milano
Segreteria: 02.26436104

venturini.massimo@hsr.it

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    Luigi Castellabate says:

    Egregio Prof. Venturini, è possibile fare un trapianto di cellule pancreatiche nel diabete di tipo 2 o chiamato anche diabete Mellito? Ho 65 anni e da quasi 20 anni che curo il diabete, sono insulino dipendente e nonostante pratico sport e cammino per più di un ora al giorno, non riesco a tenere la glicemia sotto controllo, e questo mi crea danni alla microcircolazione. Ho provato anche ad installare una pompa insulinica ma l’ho dovuta togliere per via del grasso addominale che mi ha fatto ingrassare di 5 Kg. Vivo in Abruzzo e se necessario posso sottopormi a visita medica presso il vostro centro.L ringrazio in anticipo per la risposta. Luigi Castellabate