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Amiloidosi Cardiaca e Scompenso: cosa dicono le nuove Linee Guida della SIC

METODICHE DIAGNOSTICHE AVANZATE, NUOVI FARMACI E TERAPIE PERSONALIZZATE CONSENTONO OGGI DI RICONOSCERE PRECOCEMENTE E CON CERTEZZA LA PATOLOGIA, AVERE UNA PROGNOSI MIGLIORE E RALLENTARE LA PROGRESSIONE DI MALATTIA

Il Prof. Marco Metra è Ordinario di Cardiologia presso l’Università di Brescia, Direttore della Scuola di Specialità e dell’Unità Complessa di Cardiologia degli Spedali Civili della città ed Editor-in-Chief dell’European Journal of Heart Failure, organo ufficiale dell’Heart failure Association dell’European Society of Cardiology.

È stato inoltre membro della task force che ha redatto le ultime Linee Guida della Società Italiana di Cardiologia (SIC) sull’insufficienza cardiaca per la diagnosi e il trattamento dello scompenso cardiaco acuto e cronico. Nel documento una sezione importante è dedicata al trattamento dell’Amiloidosi Cardiaca.

Prof. Marco Metra Direttore UOC di Cardiologia degli Spedali Civili
Professore, perché si parla di Amiloidosi nelle Linee Guida sullo Scompenso Cardiaco?

“Perché è fondamentale trattare le cause alla base dello scompenso e delle sue comorbilità. Un trattamento adeguato dell’ipertensione, del diabete e della malattia coronarica può prevenire lo sviluppo di insufficienza cardiaca. Come altre comorbilità, anche un’Amiloidosi Cardiaca spesso coesiste con lo scompenso e l’adozione di trattamenti specifici può avere un impatto importante sul decorso clinico dei nostri pazienti”.

Quali le novità sull’Amiloidosi Cardiaca emerse dall’ultima edizione delle Linee Guida della SIC?

“Rispetto all’edizione precedente, che era del 2016, c’è stato un grande passo avanti perché, oltre ad essere stati identificati dei farmaci specifici – ad esempio le glifozine – che sono indicati in tutti i pazienti che hanno una bassa frazione di eiezione, effettivamente è emersa anche la possibilità di una maggiore personalizzazione della terapia per alcune tipologie di pazienti con comorbilità. L’esempio più tipico forse è proprio quello dell’Amiloidosi Cardiaca”.

Come si definisce l’Amiloidosi Cardiaca?

“È una patologia dovuta al deposito di una proteina anomala, l’amiloide, a livello principalmente del cuore che spesso si accompagna al deposito di questa sostanza anche in altri organi e tessuti, come tendini, reni, sistema nervoso periferico. Esistono due tipi di Amiloidosi Cardiaca: la forma AL, che è legata alle malattie del sangue, e la TTR, che può esistere in una forma ereditaria e in una spontanea o wild type. Si tratta di una malattia rara e soprattutto sottodiagnosticata, per la quale fino a pochi anni fa non c’erano grandi trattamenti: esisteva solo una terapia diuretica per combattere i sintomi. In questi ultimi anni, invece, sono stati fatti alcuni progressi fondamentali sia in termini di diagnosi che di trattamento”.

Quali sono i principali progressi compiuti per diagnosticare e trattare la patologia? 

“Innanzitutto si si è scoperta la possibilità di diagnosticare l’Amiloidosi Cardiaca in un modo semplice e non invasivo – un tempo bisognava ricorrere alla biopsia cardiaca – grazie alla scintigrafia ossea e alla risonanza magnetica cardiaca. In secondo luogo è emerso che la Amiloidosi Cardiaca è causa nota di insufficienza cardiaca – i sintomi sono difficoltà di respiro, ridotta capacità di fare sforzi, gonfiore alle gambe – in una percentuale rilevante di persone che può arrivare anche al 15% più o meno dei pazienti con frazione di eiezione conservata, soprattutto persone abbastanza anziane, sopra i 70/75 anni.

Infine è stata identificata una terapia specifica – già approvata e che si è dimostrata assolutamente efficace – con un farmaco, il Tafamidis, somministrabile per bocca, che uno studio internazionale coordinato dal professor Rapezzi di Bologna pubblicato nel 2018 sul New England Journal of Medicine, ha dimostrato poter ridurre le ospedalizzazioni per insufficienza cardiaca e migliorare anche la prognosi e quindi la qualità di vita dei pazienti. Per cui questo farmaco è entrato anche nelle Linee Guida come farmaco ideale per ridurre i sintomi di ospedalizzazione  cardiovascolari e la mortalità con l’indicazione di classe 1 cioè di un farmaco mandatorio che si deve impiegare nei pazienti con Amiloidosi TTR.

Ad oggi rappresenta il primo e unico trattamento autorizzato nell’Unione Europea per i pazienti con Amiloidosi TTR, per i quali, fino ad ora, le uniche opzioni terapeutiche erano limitate alla gestione dei sintomi e, in rari casi, al trapianto di cuore o di cuore e fegato. C’è un certo limite ad oggi dovuto al costo, ma è un aspetto che stiamo già superando. Altri farmaci sono oggi in studio, ad esempio per le forme genetiche, prevediamo quindi ulteriori progressi, ma già oggi, grazie a questa terapia, abbiamo a disposizione un trattamento specifico che può davvero rallentare la progressione della malattia”.

 

FONTE. Sanità&Benessere efocus n°32

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