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Malattie cardiovascolari rare: quali sono e come trattarle

Ne abbiamo parlato con il Prof. Giuseppe Limongelli, Cardiologo dell’Ospedale Monaldi di Napoli e Professore presso il Dip. di Scienze Transazionali dell’Università Vanvitelli (NA).

“La storia delle malattie cardiovascolari è abbastanza recente: la prima patologia è stata definita geneticamente tra gli anni 90 e il 2000 e l’interesse dei clinici si è focalizzato soprattutto sulle malattie del muscolo cardiaco (cardiomiopatie). La prima malattia definita geneticamente è stata la cardiomiopatia ipertrofica ovvero un’ipertrofia del muscolo cardiaco, non spiegata da cause emodinamiche quali l’aumento della pressione del cuore o un carico aumentato dovuto ad una attività atletica molto intensa. La causa principale è legata ad alterazioni genetiche di proteine del sarcomero, struttura essenziale per la contrazione delle cellule del cuore. Tali patologie, che si presentano soprattutto nella fase adolescenziale e nel giovane adulto, spiegano solo un 50/60% dei casi, esistono poi una serie di altre cause legate a malattie genetiche, neuromuscolari, metaboliche, da accumulo o infiltrative del cuore che possono sorgere a qualsiasi età”.

Quali sono le principali?

“Nei primi anni di vita possiamo avere ad esempio sindromi genetiche malformative: le più comuni sono la sindrome di Noonan o quella di Leopard, che attualmente non si possono trattare ma che sicuramente nei prossimi anni avranno dei trattamenti specifici. Altre patologie più aggressive sono invece trattabili, come ad esempio la malattia di Pompe, una malattia da accumulo dovuta alla carenza di un enzima che determina un accumulo di glicogeno all’interno dei miociti (le cellule cardiache) e che causa l’ingrossamento del cuore. Questa patologia, che se non riconosciuta in tempo può essere anche letale, deve essere trattata con la somministrazione di un enzima sostitutivo prodotto in laboratorio e che compensa quello non prodotto dal paziente. La terapia con enzima sostitutivo ha cambiato completamente la storia naturale della malattia. Altra patologia da accumulo tipica dell’adulto di una certa età è la malattia di Fabry, dovuta alla carenza di un altro enzima, che determina anche in questo caso un ingrandimento del cuore causando problemi non solo cardiaci ma anche renali e neurologici. Anche questa patologia oggi può essere trattata con la somministrazione di un enzima sostitutivo, o con terapie che possono migliorare la morfologia e la struttura (geneticamente alterata) della proteina prodotta dall’ organismo, con l’effetto positivo di ridurre o limitare l’ipertrofia patologica del cuore. Un’altra patologia che rientra in questa sfera è l’amiloidosi, una patologia infiltrativa che non interessa il miocita bensì l’interstizio (spazio tra le cellule del cuore). L’amiloidosi, in realtà, non è una sola patologia ma uno spettro di patologie diverse. Oggi, rispetto a qualche anno fa, abbiamo dei trattamenti specifici che possono variare a seconda dei sottotipi di malattia (BOX)”.

Lei è anche Coordinatore del Centro regionale malattie rare in Campania…

“Sì, un progetto molto importante e prestigioso che si sta sviluppando in diverse tappe fondamentali: tra la fine del 2017 ed il primo semestre 2018, sono stati approvati il primo piano regionale malattie rare campano (DCA 48), e dopo revisione del MEF, la sua implementazione dopo (DCA 61). Il piano ha come obiettivo la costruzione di una rete multidisciplinare hub-hub ed hub-spoke, attraverso un processo di revisione della rete attuale, implementazione del registro regionale, costruzione di percorsi per patologia/gruppi di patologie (PDTA: piani diagnostico-terapeutici assistenziali), che possano calarsi nella nostra realtà regionale e essere applicati attraverso la costituzione di unità ben specifiche di malattie rare (UNITS) a seconda dell’expertise dei vari centri. Altri obiettivi del piano sono l’implementazione della ricerca (clinica-traslazionale), progetti di formazione, informazione e prevenzione che partano dal territorio per arrivare ai presidi di riferimento. Il braccio operativo per la realizzazione del piano sono i tavoli regionali m. rare a tematica (ovvero: per gruppi di patologia, secondo la L. 279/2001 ed il DPCM LEA 2017), con figure riconosciute che coordinano gli esperti identificati dalle varie aziende sanitarie. Da ultimo servirà un confronto con la Regione, con le ASL, e le Associazioni di categoria per condividere e quindi applicare tutto il percorso svolto”.

Box

Sottotipi di amiloidosi: le terapie

Per l’amiloidosi AL si utilizzano dei trattamenti di chemioterapia, mentre per le forme cosiddette wild type o senili, legate all’alterazione della transtiretina (una proteina prodotta dal fegato che può essere alterata geneticamente o per motivazioni diverse) è possibile utilizzare dei farmaci: ad esempio il Tafamidis, oggetto di un recente lavoro sul New England presentato alla Società Europea di Cardiologia, che dimostra l’efficacia di questa terapia per ridurre la morbilità e la mortalità dei pazienti. Questa molecola ha un effetto non solo sul fenotipo neurologico ma anche su quello cardiologico per i pazienti affetti da “ipertrofia” causata da amiloidosi. Ci sono poi tutta una serie di altre molecole in via di sviluppo che agiscono con meccanismi diversi e che nei prossimi anni entreranno sicuramente nella pratica clinica.

 

Prof. Giuseppe Limongelli

U.O. Malattie Rare Cardiovascolari – A.O. dei Colli – Osp. Monaldi

Via Leonardo Bianchi – Napoli

Tel. 081-70622211

email:

giuseppe.limongelli@unicampania.it;

malattierarecardiovascolari@ospedalideicolli.it

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